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domenica 11 luglio 2010

La vita che senti vita

La vita che senti vita...per la quarta volta in Africa. Di Annalisa Marinelli
Cosa spinge a fare un’esperienza di volontariato in Africa non è semplice da spiegare, ma certo, non il semplice bisogno di dare qualcosa a qualcuno, o soltanto questo. Forse, nell’intimo bisogna guardarsi per ammettere che proprio lì dove c’è povertà e debolezza e tristezza si cerca forza ed equilibrio e serenità. E forse, anche, concedersi il privilegio di non cercare troppe risposte che giustifichino scelte fatte e rifatte ma apprezzarne i guadagni incalcolabili e non equiparabili di momenti di vita che hanno dato e insegnato, nei fatti, la bellezza della solidarietà e dell’incontro.
La frenesia, l’ansia, il malcontento di noi uomini fragili e difficilmente contenti trova riposo proprio lì dove la vita è stata, in verità, più dura e crudele. Un paradosso che palesa, però, l’importanza di un bisogno intimo e profondo, il bisogno, cioè, di cercare nell’incontro l’arricchimento, nella semplicità la gioia, nel silenzio la pace, nella cura l’amore.
Africa di sofferenza, Africa di povertà, Africa di semplicità. Terra rossa e stanca fatta di ritmi lenti e lunghi silenzi, fatta di colori forti, fatta di rosso e nero; rosso come il sangue delle lunghe lotte di liberazione, rosso come fuoco, rosso come passione, come ardore e nero, come dolore. Ma anche terra di contraddizioni, di danze, di suoni, di innocenze e di occhi che guardano e guardando sanno dare, oltrechè domandare. Resti attonito, sì, perché sai cosa puoi trovare in Africa anche se non ci sei mai stato, perché l’immaginazione ha un grande potere nel creare e nell’errare e, al contrario, poi, quando se lì, capisci che non basta immaginare per realizzare cos’è davvero la vita oltre la tua vita, cos’è la morte senza cerimonia, cosa sono realmente le possibilità negate, storie , sai, non più immaginate. Stupisce il fatto che si dimentica un po’ se stessi, allora, in Africa. Il cielo sembra ricordarti che c’è un cielo e le stelle sanno farsi guardare. La via lattea ti incanta e i falò per le strade tra suoni di tam tam e danze ti ricordano nostalgicamente ciò che tu hai perduto o, forse, mai, hai avuto: gioia della tribù che stringe a sé la notte e il giorno, nell’unione delle mani, sotto un cielo, nella grande foresta. Il sole tramonta, anzi tramonta ogni giorno e questo solo per dire che ti fermi a guardarlo quel sole che tramonta e tramonta ogni giorno, stupendoti che poi rinasce e chissà perché rinasce, mentre la gente qui e lì muore, ma lì, ancora di più.
Un volontariato laico che impedisce, però, un serio distacco dalla spiritualità, perché, nei fatti, ti ricorda la vita e le sue tante e acerbe domande, quelle che non sanno partorire risposte, alla vista di un mondo che è sì l’altro mondo, il terzo mondo, ma è anche il mondo.
A breve, un gruppo facente capo al liceo scientifico O. Tedone di Ruvo, partirà /ripartirà per Zambia per impegnarsi ancora nel progetto che ormai, da quattro anni, porta il nome “Un mondo di bene”. L’iniziativa promossa dal dirigente scolastico, prof. Biagio Pellegrini in accordo con S.E. Mons. Nicola Girasoli, ambasciatore del Vaticano in Zambia e Malawi, ha permesso a molti giovani di vivere un’esperienza che ormai è un sigillo e non solo un ricordo e ancora regala questa possibilità, questo incontro, questo viaggio oltre il Mediterraneo. Lusaka, Mazabuka, e poi ancora Lusaka, poi Lilongwe (Malawi), di nuovo Lusaka, Mazabuka. I punti fissi, questi, tra le tante strade percorse e città visitate.
25 luglio-17 agosto, queste sono le date di riferimento per il gruppo di giovani che partirà quest’anno, ospitato ancora una volta con generosa benevolenza da Mons. Girasoli e da sr. Maria Mazzone, missionaria salesiana di Ruvo in Zambia presso la località di Mazabuka. Studenti ed ex-studenti saranno impegnati in diverse strutture, ospedali, orfanotrofi, compound, e presso gli uffici delle Nazioni Unite di Lusaka.
L’impegno è quello di prestare soccorso ai tanti, tantissimi, malati di AIDS, anche allo stato terminale, di svolgere attività di insegnamento presso le scuole del posto, di dedicarsi ai bambini orfani, spesso, dalla nascita di entrambi i genitori e di collaborare con funzionari dell’ONU nell’ambito della World Food Program.
L’anno in corso ha conosciuto la realizzazione di una serie di iniziative volte alla ricerca di fondi per sovvenzionare il progetto ma, soprattutto, per permettere ai volontari del liceo di contribuire anche economicamente al miglioramento e alla crescita di alcune strutture africane.
Questo impegno testimonia chiaramente come non sia possibile dimenticare questa realtà dopo averla incontrata, come non sia possibile restare completamente “indenni” da una simile esperienza di vita che si augura ai più di realizzare, per poter poi dire, senza troppi pregiudizi e nemmeno, tante retoriche parole quello che in Africa si trova, quello che in Africa si vive e perché in Africa si ritorna.
Annalisa Marinelli