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domenica 1 agosto 2010

Incontri formativi: i "perchè" e i "come".


Una mattinata utile.



Immergersi e vivere una realtà terribilmente povera come quella dei compounds, non può bastarci. Abbiamo bisogno di sapere i “perché” di tale situazione e i “come” da tale situazione il popolo zambiano prova a venir fuori.
Abbiamo chiesto a Mons. Nicola Girasoli di entrare nel Palazzo. E il Nunzio Apostolico non se l’è fatto dire due volte.
Una pausa all’attività sul campo, per una visita al giornale più diffuso in Zambia, attualmente schierato contro il governo, e subito dopo un salto al Ministero dell’Istruzione.

“The Post” è un giornale giovane (appena 15 anni di vita), che cerca disperatamente di mantenersi indipendente (non ha sovvenzioni statali e si regge sul ricavo delle vendite, della pubblicità e su donazioni private). Son tutti giovani: il Managing Editor Amos Malupenga, che ci riceve, ha appena 35 anni ed è il più anziano. Aria fresca, efficienza occidentale, riunioni continue di gruppi di lavoro, molte donne in redazione, giornale on-line, websites; insomma una realtà che ci colpisce e ci stimola ad avviare contatti continui anche a distanza.
Peraltro gli items fondamentali del giornale ci trovano vicini:
• battaglia per una nuova Costituzione che riconosca i diritti civili fondamentali a tutti gli zambiani (nutrizione, educazione, salute, giustizia, libertà di espressione);
• battaglia contro la corruzione, piaga di tutte le nazioni sottosviluppate, che impedisce uno sviluppo del paese che raggiunga tutti i cittadini;
• mantenimento della pace in un paese che fortunatamente non ha sperimentato guerre civili, genocidi, esodi epocali, malgrado la coesistenza di gruppi etnici diversi;
• reale compimento del processo democratico, che ormai ha portato lo Zambia ad una democrazia parlamentare multipartitica.
La speranza che la situazione migliori la scorgiamo nelle facce sorridenti e determinate dei giovani redattori. Prendiamo indirizzi, mail, numeri di telefono; loro sono contenti. Una corrispondenza con Ruvo di Puglia? Perché no? E’ un’idea!



Seconda visita, ancora più importante: il Ministero dell’Istruzione e della Cultura.
Il Ministro, donna, (guarda che coincidenza!) è all’estero; ci riceve Mrs Mubanga, Direttore Generale del Ministero, accompagnata da due alti funzionari. Alla fine si rivelerà più utile un incontro del genere con tecnici che, stimolati dalle nostre domande, ci sciorinano i dati ufficiali: 233 nuove scuole con 799 nuove classi, una percentuale di nuovi alunni di circa il 54% degli aventi diritto, una media di 72 alunni per docente nelle prime 4 classi, il 96% della frequenza scolastica.
I dati ufficiali son facili a dirsi! Ma i compounds in cui andiamo ogni giorno pullulano di ragazzi che a quell’ora dovrebbero stare a scuola. Per non parlare delle aree rurali dove un ragazzo deve percorrere anche 10 Km a piedi per andare a scuola; e poi ci sono i periodi delle raccolte, i costi proibitivi per molte famiglie anche della semplice divisa scolastica e dei libri. Ci vengono riferiti casi comuni di classi con più di 70 alunni con soli 6 libri di Matematica e 8 di Inglese; o di classi che abbiamo definiti “a corrente alternata”, cioè con metà alunni presenti a giorni alterni per l’indisponibilità di spazi adeguati. Eppoi, come può una famiglia pensare di investire nell’istruzione dei propri figli se poi questo non si traduce in migliori opportunità di lavoro? Non stiamo parlando dell’high school o dell’Università, parliamo della basic school, quella da noi è rappresentata dalla scuola elementare e dalla media inferiore, insomma la vecchia “scuola dell’obbligo” . Il problema è proprio qui: in Zambia non c’è obbligo scolastico, al massimo ci possono essere incentivi all’istruzione di base; ma in realtà il sistema si mantiene, al pari di molta parte della sanità, solo grazie all’indefessa opera del volontariato, soprattutto religioso, che incentiva i genitori (quelli che ci sono!) all’istruzione dei propri figli. E’ quello che vediamo fattivamente ogni giorno. E questo ci dà speranza, così come ci rallegra la testimonianza della grande voglia di emancipazione di questa gente: una mama (i papà non esistono!) del compound che chiede di ritornare a studiare almeno l’Inglese per controllare il lavoro scolastico dei figli; gruppi di famiglie che nelle zone più sperdute del paese organizza dal basso “community schools”, per poi chiedere al Ministero che venga loro mandato un insegnante o, nel caso non sia possibile, di poter entrare nel “radio learning programm” che prevede un insegnamento radiofonico a distanza, con un “mentor” che trasferisca adeguatamente il messaggio radio agli alunni, reclutato nell’ambito della stessa comunità. A mali estremi...!




Incontri utilissimi: ne valeva la pena, non abbiamo perso la mattinata.
Ma ora basta. Un panino e via: torniamo dai nostri amici, grandi e piccoli. Sappiamo che ci stanno aspettando.



I ragazzi di "Un Mondo di Bene"