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venerdì 6 agosto 2010

Sguardo al cielo

Ispirato da Njosnavelin dei Sigur Ròs

La scorsa sera ho rialzato lo sguardo al cielo. L’ho sempre fatto da quando sono qui e non smetterò mai di farlo finchè vi resterò. Il cielo d’Africa non è il cielo delle stelle cadenti cui affidare i propri sogni ed i propri desideri, non è il cielo che rasserena l’animo se lo si guarda, non è il cielo interpretato nella nostra effimera accezione, spesso frivola. Tale cielo custodisce e generosamente elargisce molto di più. Conserva il rarefarsi delle futilità della nostra vita, il condensarsi di emozioni che, fondendosi, precipitano in devastanti acquazzoni nella stagione delle piogge. Racconta storie mai raccontate e vite mal vissute, se vissute. Accompagna venti d’entroterra che spazzano via ogni grigiore, perché qui non c’è spazio per ulteriori rancori, lacrime, distorsioni emozionali. 

La rossa terra d’Africa non ha bisogno di questo per crescere, ma di nuova energia vitale che in parte già assorbe dalle viscere della terra attraverso le profonde radici dei baobab, profetici. Antoine de Saint-Exupéry temeva che questi alberi potessero occupare l’intero asteroide sul quale si ergevano. Oggi, presuntuosamente, dico che se si fosse soffermato ad osservarli un po’ meglio, avrebbe capito che nella loro enormità è intrinseco il loro compito più profondo: quello di sostenere il peso di un cielo, quello africano, nel quale si celano le più atroci risposte alle infinite domande che il confronto con questa realtà ci pone. E come l’intensa luce delle sue stelle continua ostinatamente ad arrivarci malgrado molte di esse non esistano ormai più, così lo stesso cielo stellato delle notti d’Africa ci invia continuamente responsi che, ahimè, raramente captiamo. Lo ammiro all’alba, quando terso, limpido, riflette quel che resta della “wild nature” africana, la purezza, la tranquillità, la freschezza delle più antiche terre calpestate del nostro “kosmos”. Nel pieno della giornata, quando riempiendosi di cirri si definisce in un’eterna profondità, in armoniosa tangenza col nostro animo. Ed infine, dopo il più magico momento cui ogni viaggiatore di questo mondo accorrerebbe, pur di guardare oltre l’orizzonte a occidente, ammiro la notte che conquista l’infinito, e con l’infinito, le costellazioni e la Via Lattea: il tutto è magico, unico, fa pensare. Sia chiaro, non ho scritto qualcosa per il blog, ho scritto qualcosa che mi andava di condividere con voi perché ho avuto la fortuna di vivere l’Africa e sento il dovere di trasmettere al prossimo le mie riflessioni e le mie emozioni. E sotto questo cielo stellato vi saluto. Un abbraccio!
Luigi D'Ingeo